Secondo appuntamento con la stagione del Teatro dell’Opera Giocosa venerdì 18 e sabato 19 novembre 2016 al Chiabrera di Savona. In cartellone Gianni Schicchi, atto unico di Giacomo Puccini, su libretto di Giovacchino Forzano, basato su un episodio del Canto XXX dell’Inferno di Dante.
L’opera, che andrà in scena venerdì 18 alle ore 11 per le scuole e sabato 19 alle 17 per il pubblico, fu rappresentata per la prima volta il 14 dicembre 1918 al Metropolitan di New York.
L’allestimento è prodotto dal teatro dell’Opera Giocosa di Savona in collaborazione con il Conservatorio Puccini della Spezia. Nel cast gli studenti dei corsi di secondo livello del Conservatorio spezzino, con la partecipazione straordinaria di Stefano Antonucci nel ruolo del protagonista e di Linda Campanella nel ruolo di Lauretta.
Si legge nella presentazione: “Un aneddoto racconta che il termine “Trittico” nacque in seguito ad una infervorata discussione nata a Torre del Lago, all’interno del celebre circolo dei pittori che frequentava Puccini: “… fummo tutti d’accordo sull’improprietà della parola; non di meno stabilimmo, in barba alla Crusca e alla…farina, di battezzare le tre opere il Trittico. Le tre opere in questione sono, come è noto, Il Tabarro, Suor Angelica e appunto Gianni Schicchi. Puccini pensò a tre atti unici di genere differente, ma che al tempo stesso fossero collegati fra loro da una ferrea logica teatrale: ecco allora che ‘la violenza espressiva de Il Tabarro interessa e sorprende, la musica delicata e la natura del dramma vissuto dalla protagonista di Suor Angelica commuove infallibilmente, Gianni Schicchi diverte moltissimo, anche se l’elemento macabro sporca un po’ la risata” (da Michele Girardi, Giacomo Puccini, l’arte internazionale di un musicista italiano).
Il Trittico si chiude quindi con la “macabra risata” di Gianni Schicchi, l’unica opera buffa di Puccini, pervasa di umorismo e di comicità spesso grottesca, quella, delle tre, che incontrò un successo immediato. Firenze è disegnata in maniera impeccabile, sia dal punto di vista geografico che storico, tra personaggi reali e dinamiche sociali più che note; tutto in un vivacissimo quadretto da palcoscenico. Il soggetto è tratto da un breve episodio della Divina Commedia (Inferno XXX, 22-48), opera per cui Puccini nutriva grandissima ammirazione; la struttura formale dell’atto unico si rifà invece al modello dell’opera buffa (registro baritonale per il protagonista – si pensi, primo fra tutti, al Falstaff verdiano – intreccio amoroso, e ostacolato, tra soprano e tenore, burla finale e scioglimento dei nodi. Con l’attenuante concessa al protagonista, nonostante l’arguzia un tantino sconcertante”.
La trama. Firenze, 1299. Nella propria casa è spirato Buoso Donati, ricco possidente della città. Attorno alla salma sono raccolti i numerosi parenti, in apparenza addolorati, in realtà preoccupati: pare infatti che Buoso abbia lasciato tutti i suoi beni ai frati e, trovato il testamento, questo conferma i timori. Rinuccio, il nipote del defunto – e fidanzato di Lauretta, figlia di Gianni Schicchi – propone alla famiglia di ricorrere ai consigli del futuro suocero, che ritiene uomo astuto e accorto. Zita, detta la Vecchia, protesta all’arrivo di Schicchi, a causa delle sue origini ple-bee e costui, offeso, se ne andrebbe, se non lo implorasse Lauretta. Assicuratosi dunque che la morte di Buoso non fosse ancora nota, Gianni elabora un piano; manda a chiamare il notaio, si infila nel letto travestito da Buoso e da lì detta il nuovo testamento, destinando i beni più ambiti a se stesso: la casa di Firenze, la mula, i mulini di Signa. Né i parenti, ora furiosi, possono protestare, altrimenti svelerebbero la truffa incorrendo nella giusta puni-zione, l’amputazione della mano e l’esilio. Partito il Notaio, Schicchi caccia tutti dalla casa, ormai di sua proprietà; rimangono solo Rinuccio e Lauretta, che pensano felici alle nozze imminenti. Rivolgendosi al pubblico, Schicchi spiega allora di avere ordito l’inganno a favore dei due innamorati, reclamando, pertanto, l’attenuante alla sua colpa.
Note di regia. “Dopo Suor Angelica, ecco Gianni Schicchi, terza opera che con Il Tabarro compone il trittico pucciniano; la messa in scena godrà di una trasformazione temporale, nel pieno rispetto della partitura, ma al tempo stesso collocata ai giorni nostri per avvicinarla il più possibile, con un linguaggio quasi cinematografico, tutto mirato a colmare quella distanza che spesso allontana lo spettatore moderno di fronte all’opera lirica, anche ad un pubblico più giovane.
Tutta l’azione ruota attorno al testamento di Buoso Donati ed alla relativa avidità priva di scrupoli degli eredi Donati , alla sfacciata beffa dello Schicchi come sostiene lui stesso commessa a fin di bene, e alla solare relazione sentimentale fra Rinuccio e Lauretta ostacolata dalle rispettive famiglie.
L’atto unico creato da Puccini/Forzano risente molto di una situazione da commedia dell’arte, ma di taglio decisamente moderno, così la regia è tutta mirata a creare personaggi veri, realistici, unici. A questo punto, viene spontaneo dire se stasera vi siete divertiti… concedetemi voi… l’attenuante!” – Luca Ferraris
Direttore Giovanni Di Stefano. Regia Luca Ferraris. Costumi Anita Lamanna. Orchestra del Conservatorio di Musica G. Puccini della Spezia